Il presidente della commissione, dopo la costituzione del ricorrente con il deposito del ricorso, assegna il fascicolo ad una sezione. Il presidente di sezione, scaduti i termini per la costituzione delle parti, esamina in via preliminare il ricorso. Se il ricorso è manifestamente inammissibile (es. tardivo) il presidente dichiara con decreto l’estinzione del procedimento. Ai sensi dell’art. 28 D.Lgs. 546/1992, contro il decreto presidenziale il ricorrente può proporre entro 30 giorni dalla comunicazione, reclamo al collegio. La commissione decide con sentenza se dichiara l’estinzione del processo, altrimenti dispone con ordinanza la prosecuzione del giudizio.
Salvo il caso sopra indicato, il presidente nomina il relatore e fissa l’udienza di trattazione della causa. Dalla data della comunicazione da parte della segreteria alle parti costituite devono trascorrere 30 giorni liberi prima dell’udienza. Possono essere depositati documenti fino a 20 giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a 10 giorni liberi prima e repliche fino a 5 giorni prima. La causa è normalmente trattata in camera di consiglio e viene immediatamente decisa, di regola, dopo l’esposizione da parte del relatore. La sentenza è pubblicata entro 30 giorni presso la segreteria della commissione. Le parti anche con istanza successiva al ricorso possono chiedere che la causa sia discussa in pubblica udienza. In tal caso dopo l’esposizione del relatore, il presidente ascolta brevemente le parti presenti prima di decidere la causa.
Il processo è informato al cosiddetto principio dispositivo ovvero le parti devono indicare nei loro atti di causa le prove di cui intendono avvalersi per supportare le proprie ragioni. Tuttavia in casi eccezionali, le commissioni possono esercitare i poteri concessi agli uffici dalle singole leggi d’imposta per acquisire dati e notizie. Possono altresì disporre consulenze tecniche, quando la complessità della causa lo renda opportuno (art. 7). In ogni caso non è ammesso il giuramento. È discussa l’ammissibilità della prova testimoniale. Secondo alcuni, in rispetto dei principi del giusto processo, per mantenere la parità tra le parti in causa, poiché l’ufficio può allegare nei propri documenti dichiarazioni di terzi (si pensi ai processi verbali di constatazione che frequentemente fanno riferimento a dichiarazioni di terzi), dovrebbe essere consentito anche al contribuente di allegare nella documentazione dichiarazioni di terzi. È comunque esclusa, almeno fino ad ora, la possibilità di richiedere l’audizione di testimoni in udienza, che tra l’altro, impedirebbe al procedimento di concludersi in una sola udienza (come è usuale quando non sono richiesti approfondimenti tecnici).
Particolarmente controversa e non completamente risolta è la questione circa la natura del procedimento e il conseguente contenuto della sentenza. Secondo la Cassazione (da ultimo Cass. 25104/2008) si tratta di un processo di impugnazione-merito, per cui il giudice investito del giudizio sull’atto, deve a pena di nullità della sentenza, giudicare il merito del rapporto tributario sottostante. Fa eccezione il caso in cui il giudice ravvisi un vizio grave e irreparabile dell’atto (ad esempio l’inesistenza della notifica o la totale assenza di motivazione), in cui ovviamente si limiterà ad annullare l’atto stesso. Negli altri casi, il giudice nei limiti delle richieste delle parti, non deve limitarsi ad annullare l’atto che egli ritenga non correttamente motivato, ma dovrà decidere sul merito del rapporto indicando una motivazione sostitutiva che riduca eventualmente la pretesa erariale.