Seleziona una pagina
Contenzioso Tributario – Il Giudizio di Appello e di Cassazione

Al giudizio di appello si applicano, in quanto compatibili, le stesse disposizioni previste in primo grado.

Il ricorso in appello può essere proposto dalla parte soccombente in primo grado. È stato abrogato l’articolo che prevedeva che l’ufficio deve preventivamente chiedere l’autorizzazione al responsabile regionale del contenzioso, a pena di inammissibilità dell’appello (art.3, co.1 lettera c) D.L. 25 marzo 2010, n. 40). Il termine è 6 mesi dal deposito in segreteria della sentenza (o di 60 giorni dalla notifica se la sentenza è notificata).

Due sono le norme che hanno fondamentale importanza in appello: il divieto di proporre domande nuove (art. 57) e la rinuncia alle domande non riproposte (art. 56).

Il giudizio di appello consiste infatti in un riesame degli elementi proposti in primo grado. Le domande già proposte in primo grado e quindi le uniche ammissibili (con l’eccezione di quella per gli interessi maturati dopo la sentenza di primo grado), devono essere dedotte dagli atti introduttivi del giudizio, che come detto delimitano anche in primo grado l’oggetto della causa, ovvero il ricorso e l’atto impugnato. Esse devono essere intese come i fatti costitutivi della pretesa tributaria (che emergeranno dall’atto impugnato) e come i fatti impeditivi, modificativi o estintivi della stessa (che si rileveranno dal ricorso).

Particolarmente insidiosa è la questione delle domande non riproposte che si ritengono abbandonate. Essa è ovviamente rilevante in caso di soccombenza totale di una parte, qualora con il ricorso in primo grado siano proposte più domande o all’opposto l’atto impugnato contenesse più di un fatto costitutivo della pretesa tributaria. In tal caso, si ritiene che la parte rinunci alle domande che non ripropone nel ricorso d’appello. Ancora più rilevante è il caso di soccombenza parziale di entrambe le parti. In questo caso la parte più diligente depositerà l’appello principale. L’altra parte potrà limitarsi a contrastare le domande dell’appellante con atto di controdeduzioni ed in tal caso si riterranno abbandonate le questioni su cui era stata sconfitta in primo grado. Oppure potrà negli stessi termini depositare un appello incidentale, con cui proporre le questioni su cui era soccombente.

Il giudice deve pronunciarsi sull’ammissibilità e sul merito di entrambi i ricorsi. Tuttavia qualora l’appello incidentale sia proposto oltre il termine per appellare, ma entro i 60 giorni dalla notifica dell’appello principale; l’inammissibilità dell’appello principale produce inammissibilità anche di quello incidentale (cosiddetto appello incidentale tardivo). In ogni caso il giudizio di appello si configura come un mezzo di impugnazione sostitutivo, nel quale il giudice è tenuto a riesaminare nel merito le questioni proposte dalle parti e non può limitarsi ad un giudizio di tipo rescissorio, cioè finalizzato al mero annullamento dell’atto o della decisione di primo grado (salvo che ricorrano eccezionali ipotesi di illegittimità dell’atto o che la sentenza di primo grado sia nulla ai sensi dell’art. 59 D.Lgs. 546/1992, in quest’ultimo caso provvederà a rinviare la causa alla commissione provinciale).

Contro la sentenza di appello è ammesso ricorso in Cassazione secondo le norme del codice di procedura civile, per i motivi indicati dall’art. 360 dal n. 1 al n. 5. Le parti devono essere assistite da avvocati abilitati alla difesa in Cassazione: l’ufficio può avvalersi dell’Avvocatura dello Stato.

Quando il ricorso è proposto per uno dei motivi indicati nei numeri da 1 a 4 (violazione norme sulla giurisdizione; violazione norme sulla competenza; violazione o falsa applicazione di norme di diritto; nullità della sentenza o del procedimento), il motivo deve concludersi con la formulazione di un quesito di diritto.
Si noti che il quesito deve consentire alla Corte, pronunciando sullo stesso, di stabilire un principio di diritto applicabile alla generalità dei casi e sostitutivo di quello utilizzato dal giudice di merito (il quale nell’eventuale rinvio della decisione dovrà applicare il principio formulato dalla Corte). È pertanto essenziale, non solo che il quesito sia formulato con chiarezza e che ad ogni motivo di impugnazione corrisponda un quesito, ma anche che il quesito sia attinente alla causa, essendo inammissibile il ricorso in cui è indicato un quesito generico, non suscettibile di immediata applicazione nella causa in oggetto.
Nel caso indicato al n. 5 (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia), il ricorrente deve indicare con precisione il fatto controverso e la ragioni per cui la motivazione è illegittima.

Per effetto della legge 69/2009 nei ricorsi contro i provvedimenti pubblicati o depositati dopo il 4 luglio 2009 non è più richiesta la formulazione del quesito di diritto.